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PREDICA XXXIX

Del voto, che fanno, d’andare in peregrinaggio. Per il peccato de’ primi parenti, come rebelli di Dio, fummo sbanditi e scacciati dal terrestre paradiso, privi del regno di Dio e della nostra patria celeste; ma dipoi per Cristo fummo ribenedetti, e ci furono aperte le porte del cielo, in modo tale, che, col divino favore, gli eletti possano e debbano, come cittadini di Dio, sforzarsi d’andare al cielo, e tutta la loro vita debba essere una continua peregrinazione. Ed è da notare ch’el cristiano è obbligato a fare un peregrinaggio si perfetto, che alla sua perfezione non si può aggiognere. Include in sé la perfezione d’ogni altra peregrinazione possibile; però ogni altra peregrinazione, che è fuori della cristiana, è vana o impia. E cosi li voti, che si fanno d’esse. E che sia il vero, è manifesto, se vogliamo comparare insieme il sincero e divino peregrinaggio delli spirituali, con i superstiziosi e umani, imo alcuna volta diabolici, de’ carnali. In prima, li spirituali, vedendosi per Cristo figlioli di Dio, e del cielo eredi, e conoscendo che con i patriarchi e santi sono peregrini nella presente vita, sentono tanta bontá di Dio, che, avendo per vanissime ombre le cose create, vivendo in quello stato che a Dio piace e al quale sono chiamati, e stando e andando secondo che Dio gl’inspira, si partono, col core, con l’amore, fiducia e speranza, dalla robba, dalle dignitá, onori, piaceri, amici, parenti, dalla patria, dal mondo, da se stessi e da ogni creatura, dánno un’occhiata al mondo, come a cosa di Dio, e passano via. E qui si vede che, quanto a lassare tutto, il loro peregrinaggio è perfettissimo. Dove i carnali, perché non sentono la bontá di Dio in Cristo, facendo dell’esilio patria e del mondo paradiso, non si partono, imo si fermano nelle creature, con le fiducie e speranze, col core e con