Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/179

per offerire tanti denari, per vestirsi il tale abito in vita o in morte, per cignersi una corda o una correggia, per essere assoluto da quello, avere la benedizione da quell’altro, dire paternostri o la tale orazione nel tal modo, tante volte, alla tale immagine, per essere di quella compagnia, avere la tale bolla o suffragio, vedere la tal reliquia, essere sepolto nel tal loco, far dire tanti psalteri o tante messe, e cosí d’innumerabili altre simili impie pazzie. E sai, senza pur pensare a Cristo, si sono imaginati ch’el papa abbia in potere suo i meriti e tesori di Cristo, e che gli tenghi come in una cassa ferrati, della quale lui solo abbi le chiavi, talché chi ne vuole bisogna vada a lui o a quelli che deputa a questo offizio di dispensare i tesori di Cristo; ma esso, secondo dicono, ha plenaria autoritá di dispensarne quanto li piace, a chi, quando e come gli pare, imo e di venderli, e senza commettere simonia, per essere papa, come se Cristo non s’offerisse immediate e gratis a tutti, e noi non potessimo senza mezzo d’uomini abbracciarlo con viva fede per nostro, con tutti i suoi tesori e grazie. Quelli, che non hanno viva fede, mentre che stanno cosi, non possono participare de’ meriti di Cristo, se bene il papa usasse tutta la sua autoritá in donargli indulgenzie. Ma un, che crede vivamente in Cristo, senz’altre indulgenzie di papi, s’insignorisce de’meriti di Cristo, piú o manco, secondo la misura della fede che ha, senza la quale non si può participare delli suoi tesori. Ma peggio, temendo forse che i meriti di Cristo, se ben sono infiniti, non bastasseno a tante loro indulgenzie e che non mancasseno, v’hanno aggionti li meriti de’ santi, come se l’opere de’ santi non fusseno state imperfette e degne in sé d’essere punite, avendo sempre mancato da quello che gli era debito. Onde san Giovanni: «Se ardiremo dire di non avere peccato, inganneremo noi stessi». Imo, come s’elle fusseno state in sé degne d’essere premiate e del paradiso, e come se non fusseno stati premiati sopra ogni merito, e n’avesseno avute d’avanzo e si preziose, che in paradiso non fusse stato in che spenderle per loro, però restasseno agli altri (dove Paulo vòlse che non fusseno condegne alla futura gloria,