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IX Iacopo Bonfadio a Pietro Carnesecchi Bellezze di Napoli. Rimpianto per la morte del Valdés. Ho inteso per lettere di messer Marcantonio Flaminio che Vostra Signoria ha avuto una febbre acutissima, la quale l’ha condotta appresso alla morte, e che ancora non è fuor del letto, benché sia fuor del pericolo. Ne ho sentito, come debbo, gravissimo dispiacere, e, considerando fra me stesso come Vostra Signoria è in ogni cosa temperatissima e con quanto regolato ordine di vivere si governi, non so trovare altra causa delle tante infirmiti sue, se non che è di troppo nobile complessione; il che ben dimostra l’animo suo divino. Doveria Iddio, come i romani conservavano quella statua, che cadde loro dal cielo, cosí conservare la vita di Vostra Signoria per beneficio di molti. E lo fará, acciocché cosí per tempo non si estingua in terra uno de’ primi lumi della virtú di Toscana. Vostra Signoria dunque col presidio di Dio attenda a ristorarsi e vivere con quella allegria con che soleva, quando eravamo in Napoli. Cosi ci fussimo ora con la felice compagnia. E mi par or di vederla con un intimo affetto sospirare quel paese, e spesse volte ricordare Chiaia col bel Pusillipo. Monsignor, confessiamo pure il vero: Fiorenza è tutta bella e dentro e fuori, non si può negare; nondimeno quell’amenitá di Napoli, quel sito, quelle rive, quella eterna primavera mostrano un piú alto grado d’eccellenzia; e lá pare che la natura signoreggi con imperio e, nel signoreggiare, tutta da ogni parte piacevolissimamente allegri e rida. Ora, se Vostra Signoria fusse alle fenestre della torre da noi tanto lodata, quando Ella volgesse la vista d’ogn’intorno per quei lieti giardini, o la stendesse per lo spaziato seno di quel ridente mare, mille vitali spiriti se le moltiplicherebbono intorno al cuore. Mi ricordo che innanzi la partita sua Vostra Signoria