Pagina:AA. VV. – Fiore di leggende, Cantari antichi, 1914 – BEIC 1818672.djvu/321

32
Non credo al mondo sia uomo mortale,
che possa avere in sé virtú nessuna,
se in lui non regna l’amor naturale:
onde io non mi dorrei della fortuna
né d’amor, eh*è ’I mio signor principale,
perch’io non ho inver’lui ragione alcuna,
avendo quel, come signor giocondo,
donato a me la bellezza del mondo.
33
Onde nessun di voi maravigliare
non si dee s’io sono innamorato,
perché da questo iniun si può guardare.
Uomini saggi e valenti ha legato,
che giá fecion tremar la terra c ’l mare:
poi, da quel cieco fanciul faretrato
restati presi, sono ognun prigione,
Ercole giá e ’l saggio Scipione.
34
Cosi legò Teseo ed Adriana;
Piramo e Tisbe die’ feroce a morte,
andando quegli alla bella fontana;
cosi fu preso quello Achille forte,
Lancilotto, Tristano, Isotta umana,
Medea e gli altri, che per crudel sorte
furon presi da lui senza guardarsi,
perché da questo ignun non può aiutarsi.
35
Amor traea da lo ’nferno Plutone
per Proserpina, e Leandro per mare
andò notando, e lo ingiusto Nerone
non si curò la crudeltá usare,
Alcmena bella con Anfitrione,
ed altri assai, ch’io vi potrei narrare,
de’ quali Amore ha fatti giá dolenti,
uomini degni, famosi e valenti. —