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e ’n un castello di metal dimora,
eh’è sanza porta, entrata molto ha presta,
con quarantatré dame, clic di fuora
ha conquistate per arte si destra;
or te ne andrai in su la cotal ora,
e’ sará fuori, ed ella alla finestra,
e di’ che facci tanto per ingegni
che l’uom selvagio dov’ha ’l cor le ’nsegni.—
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E Gismirante con un buon cavallo
entrò in cammino, e prese a cavalcare,
tanto che giunse al castel del metallo.
E 1’uorn selvagio er’ito a procacciare.
A poco istante vide sanza fallo
la damigella alla finestra istare,
la qual parlava con parole iscorte:
— Fuggiti tosto, se non vuo’ la morte. —
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E Gismirante con molto valore,
come insegnato gli aveva la fata:
— Fa’ che tue sapi dove tiene il cuore
questo malvagio, che mi t’ha furata. —
Ed ella gli rispuose: — Tanto amore
mi mostra piú ch’a Taltre ogni fiata,
saperò bene il vero manifesto. —
Ed imboscato esso si fue presto.
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Tornando l’uom selvagio, e la donzella
gli cominciò a mostrar grand’allegrezza,
ed e’, che la vedea cotanto bella,
si dilettava della suo bellezza.
E, cosi istando insieme in braccio d’ella,
disse: — Amor mio, venuto m’è vaghezza
di saper dove il tuo cuore si posa,
per adorarlo sopr’ogn’altra cosa. —