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86 l’amor costante


Guglielmo. È buona ragione. Ma se pur lo sdegno cel conducesse?

Marchetto. Per Dio, ch’io non so che mi vi dire. Non mi ci son mai trovato a queste cose. P acchiudetevi in camera.

Che vorrá far poi?

Guglielmo. Questa sarebbe troppa vigliaccaria. Vo piú presto, morir mille volte; che, in ogni modo, che ci ho piú da fare in questo mondo?

Marchetto. Eccoci acciviti, per Dio! che viene in qua Lattanzio Corbini vostro compare che tanto mostra di amarvi e tante proferte vi fa ogni giorno da poi che voi gli campaste la vita appresso del commissario passato. A questa volta, ve ne potreste servire; che sapete ch’egli ha parecchi fratelli uomini fatti e valenti.

Guglielmo. Dici el vero, a fé. Vo’ che noi glie ne parliamo un poco.

SCENA V

Lattanzio, Guglielmo, Marchetto.

Lattanzio. Io vi so dir che queste donne hanno el diavol fra le gambe. Viddi oggi uscir di casa una donna, come l’ebbe desinato, per andar a far non so che merenda a un orto. Ma non sapevo a quale. Anda’gli drieto, uno pezzo, alle seconde. Com’io son nella via di San Martino, subito mi spari dinanzi. — Dove diavol è volata costei? — dico da me. Pensai che fussi uscita alla porta a San Piero. Andai fuor piú d’un miglio. Ah! A punto! Non trovai mai uomo che me ne sapesse dar nuove: tanto ch’io mi son restato zugo zugo; e la merenda all’orto si fará senza me.

Guglielmo. Bene stia el mio compare.

Lattanzio. Oh compare! Perdonatemi; non vi vedevo. Che ci è di nuovo?

Guglielmo. In gran travagli mi trovo al presente.

Lattanzio. Ditemegli, di grazia. E, se sará cosa che io possa giovarvi a niente, voi vedrete se le proferte che sempre