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atto quarto | 85 |
Marchetto. Son tardato perché importava a voi ch ’io tardasse.
Guglielmo. Oh! Come?
Marchetto. Vi dirò. Quando Lucia mi parlò e che mi scoperse il caso successo in casa vostra, volse la disgrazia che messer Giannino fusse poco discosto e che sentisse ogni cosa. Come Lucia fu partita, egli mi si fé’innanzi e cominciò a ragionar meco di questa cosa. E io, che viddi ch’egli aveva sentito il tutto, feci della necessitá cortesia e confessa’ glielo.
Guglielmo. Oh Dio! quanto mi duole che si sia scoperta la cosa! E intese egli che io avesse animo d’ammazzare e’ prigioni?
Marchetto. Messer si. E subito cominciò, con tante bravane, con tanti squartamenti, a minacciare che voleva venire a liberare e’ prigioni, ammazzar voi e metter sottosopra tutta la casa.
Guglielmo. Eimè! Che mi dici? Me pensa di voler ammazzare, ch? Ghiotto, tristo, ribaldo! Dond’ha tanto ardire, el traditore? Non è stato doi giorni in questa terra, e ha tanto fumo e tanta superbia? E tu che gli rispondesti?
Marchetto. Pensai ch’el risponderli a coppe sarebbe giovato poco ma che molto piú util fusse vedere, con destrezza, di scalzarlo dell’ordine con che ei volesse venire a far questo effetto. E cosi, bellamente, seppi el tutto.
Guglielmo. E come t’ha detto di voler fare?
Marchetto. Vuoivi venir a trovar armato di tutto ponto; e ara con esso sé un suo servidore e due scolari e lo Sguazza: benché de lo Sguazza se ne può far poco conto, che gli daremo un migliaccio nella bocca e faremlo star queto.
Guglielmo. Eh Dio! Marchetto, che ti par dunque da fare?
Marchetto. Mi par che, la prima cosa, si debbi dare spaccio a quei prigioni. Volete voi ch’io faccia io quest’officio adesso adesso?
Guglielmo. Si. Ma pensiam prima un poco come ci aviam da governare de la guerra.
Marchetto. Di questo non vi so dire. Mi penso bene che, quando messer Giannino saprá che Lucrezia sia morta e non ci sia piú riparo, che non pigliará piú fatica di venire a riscattarla; perché vo pensando che, morta, non n’è per far niente.