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76 | l’amor costante |
Marchetto. Come «mangiava»? Di’ presto, di grazia, come la cosa sta.
Lucia. Ha visto co’ suoi occhi propri Guglielmo che Lorenzino e Lucrezia ruzzavano insieme.
Marchetto. Può fare Dio!... E ’l ruzzare era grave?
Lucia. Io non so se l’ha ingravedata; ma imbeccata l’ha, lui.
Marchetto. Ahi traditore! Parti che messer Giannino se lo indovinasse? Or conosch’io quel che volevan dir tante carezze. Ehi madonna Lucrezia! Sai che non pareva una santa? Ma che fece Guglielmo?
Lucia. Arrabbiava com’un cane, el povero vecchio. Subito gli fece metter i ferri a’ piedi e le manette alle mani e richiuseli in cantina.
Marchetto. E chi l’aiutò a far questo?
Lucia. Fece chiamar Georgico e Pollonio che stanno in casa di messer Benedetto.
Marchetto. Oh quanto ho caro che questo cacaloro di Lorenzino non stará forse piú in casa!
Lucia. Né nel mondo non stará piú, credo io.
Marchetto. Perché? vuoilo forse amazzare?
Lucia. Dubito ch’egli amazzará l’uno e l’altro, io.
Marchetto. Che ne sai?
Lucia. Ne so, che mi manda per fra Cherubino. E non può volerne fare altro se non farli confessare.
Marchetto. Oh! Dio ’l volesse! Ma di Lucrezia, in vero, me ne sa male.
Lucia. Lassala andar questa cedroletta, che poteva innamorarsi di cinquanta giovani in questa terra e lassare stare i garzoni. E tu dove sei stato?
Marchetto. Mi mandò il padrone, mentre che gli era a tavola, a portare una lettera a maestro Guicciardo.
Lucia. Sai? T’ho serbato per disinare certe buone cose. Com’io torno, te le darò; ch’io voglio andare a trovare il frate.
Marchetto. Or va’.
Lucia. Addio, el mio Marchetto. Sai ben quant’è che noi non ci siam riveduti.