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64 l’amor costante


Messer Ligdonio. Ah! ah! ah! Tu si’ ribaudo.

Panzana. Costui vorrebbe ch’io lo credesse; ma noi credo.

Messer Ligdonio. Che dice?

Panzana. Dico ch’io sia impiccato s’io noi credo.

Messer Ligdonio. Non è lo vero, a la fede.

Panzana. Or vuol ch’io ’l creda. E chi vel potrebbe aver detto altri che lei?

Messer Ligdonio. Non sai ca li poeti hanno, quarche volta, lo spirito divino?

Panzana. Perché «di vino»? Si imbriacano?

Messer Ligdonio. Povero te! che cosa è l’ignoranzia! Tu puoi ben praticare in casa mia, che non te pozzo niente scozzonare.

Boglio pur vedere se io me poraggio far entènnere.

Ma de che parlavamo nui?

Panzana. Che cervel da statuti! E che ne so, io, s’io non ho studiato?

Messer Ligdonio. Si, si; me ne ricordo. Grannissimo, Panzana mio, est a?iimus poètorum.

Panzana. Voi mi parlate per lettera, e poi vi maravigliate che io non v’intenda.

Messer Ligdonio. Hai rascione. Ma non se pò star sempre in considerazione de parlar con chi non sa.

Panzana. Lasciamo andar, padrone. Sapete certo che Margarita abbi a uscir fuor di casa?

Messer Ligdonio. Como se io lo saccio? Credi che scesse fuora no paro mio a quest’ora, se non fosse lo vero?

Panzana. E che pensate di fare? volete forse mettervi a parlar con essa in mezzo della strada?

Messer Ligdonio. Si. Perché? È cosí gran male? Se usa, mò, lo accompagnare la dama per la via; e la fantesca se discosta parecchie passe perché pozza dicere lo fatto suo liberamente.

Panzana. Buona usanza, per Dio! Parti che questi innamorati faccino l’usanze a modo loro? Basta che dican «s’usa».

Messer Ligdonio. Ah! ah! ah! ah!

Panzana. Ve ne ridete? A fé, che, s’io fusse gentiluomo e avesse moglie, voi non me li stareste molto d’intorno.