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60 | l’amor costante |
Agnoletta. Giá, a dirti il vero, vo’ dir questo, io: che tu non ti degni di mirar chi ti vuol bene.
Ferrante. Oh! questa sará bella! Le venture mi balzan per le mani.
Agnoletta. Tu te ne ridi e ti burli; e io fo da vero.
Ferrante. Tu non ti sei niente abbattuta oggi al tuo bisogno?
che io ho altro nel capo che le fantesche!
Agnoletta. Sei forse di que’ servitori da la bocca gentile che non voglian metter dente se non a carne cittadinesca e si lassano ingannar da quei lisci ben fatti e da quelle belle veste delle cittadine? E non sanno che, sotto i panni, poi, noi siam piú dilicate e piú sode di loro. Parlane con esso me che son stata, a’ miei di, con parecchie e so quanto pesano a ponto a ponto. Tutta è apparenzia, la loro.
Ferrante. Questa è la piú bella festa del mondo. Che vói da me?
Agnoletta. Che tu mi vogli bene e tu non mi strazi a questo modo e venga, qualche volta, a far colazione nella mia cantina: come, poniamo per caso, adesso che non hai che fare.
Ferrante. Mi comincio a tenere intrigato con costei.
Agnoletta. E però cosí gran cosa quella ch’io voglio?
Ferrante. Bisogna ch’io gliel prometti, che, altrimenti, non mi si levarebbe dinanzi, oggi. Orsú! Son contento.
Agnoletta. Ed ora che hai a fare? vuoi venire un poco?
Ferrante. Per ora non ci è ordine, a dirti el vero.
Agnoletta. E quando ci sará ordine?
Ferrante. Domane.
Agnoletta. Chi sa se domane sarem vivi. Dico oggi, io.
Ferrante. Oggi, orsú!
Agnoletta. Tu non verrai, poi.
Ferrante. Si, dico che verrò.
Agnoletta. Or dammi un bacio, almanco.
Ferrante. Son contento. Eccotelo.
Agnoletta. Uh! Me l’ha dato secco. Mira se gli è crudele!
Ferrante. Oh! che ci ristoraremo oggi.
Agnoletta. Vedi non mancare.