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54 | l’amor costante |
e quanti litterati furon mai, pur che stesse bene questo corpicciolo. E che maggior virtú che aver l’intera scienza con la lunga pratica delle buone vivande? Io lo stimarei piú che esser lo imperadore.
Panzana. Verissimo! certissimo! Mi tocchi il fondo del mio core, a dir cosi. Beato colui che ha quella bella virtú di sapere ordinar quando vuole mille sorti di guazzini, tramessi, intingoli, sapori, torte e altre infinite vivande che si trovano! E beatissimo colui che le mangia!
Sguazza. Io non mi son mai molto curato di coteste vivanduzze. Io vorrei, la prima cosa, il mio lesso per eccellenza con una zuppa turchesca in su le marce grazie, con un savorin puttano in su le pottachine; e ’l mio stufato non molto cotto; dipoi un arrosto stagionato in su le galantarie. E vorrei assai d’ogni cosa. E buone carni, come sono vitelle di latte, caprettini e massime i quarti di dietro, capponi, fagiani, starne, lepri, tordi; e, sopra tutto, bonissimo vino. Di cotesti altri intingoletti, di uova e d’altre frascarie mi curarei poco.
Panzana. Tu sei piú savio del papa. Per Dio, che tu mi piaci! Vói altro che tu mi piaci?
Sguazza. Questa è la beatitudine che si può aver in questo mondo. Tutti gli altri piaceri son cose vane. Perché, se tu pigli la musica, tutto è aria e fiato, che niente t’entra in corpo. L’aver denari confesso che gli è piacere perché con quelli tu puoi proveder da mangiare; che, altrimenti, io non saprei che farmene. Se noi parliam dell’amore, peggio che peggio: ch’io non so, per me, considerare che consolazion che s’abbin costoro di spender tutto il lor tempo in andare stringatelli, sprofumati, con le calze tirate, con la braghetta in punto, con la camiscia stampata, con la persona ferma acciò che, torcendosi una stringa, non toccasse l’altra; fare una sberrettata alla dama, dirgli un motto per una strada cogliendola all’impro vista ad un cantone, mirandola un tratto sott’occhio, e lei miri te, gittarli quattro limoni, farsene render uno e baciarlo, far quattro rimesse di cavallo e con un bello sguardo e un sospiro a tre doppi andarsi con Dio; tornarsi poi, la sera, con altri panni, far un giuoco