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52 l’amor costante

partirmi da lui! Gli è molto meglio ch’io mi stia con questo pazzo e mangi bene ch’io vada a piatire il pane con qualche savio. Diavol ch’io non sia da tanto ch’io non sappia odir, tutto ’l di, mille suoi paroloni e vantamenti e bugiacce e ridermene poi e dargli vinto ogni cosa! Ma chi è questo qua?

SCENA VIII

Sguazza parasito e Panzana.

Sguazza. Parvi che questi sien capponi? parvi ch’io sappi spendere i miei denari? Ah! ah! ah! Non gli arebbe aúti un altro per uno scudo.

Panzana. Oh che ti venga il cancaro! Gli è lo Sguazza. Tu hai si buon capponi, viso di cane?

Sguazza. Addio, el mio Panzana galante, da bene. E tu ancora hai si belle starne e non dici niente? Son grasse, per Dio! In fine, questo tuo padrone è ’l re degli uomini. Non è cittadino in Pisa ch’io intenda che viva piú suntuosamente di lui. Sappil conoscere.

Panzana. Pensati che par tuo fratel carnale nel conoscere i buon bocconi; e quel che piú mi piace è che sempre ci è in casa robba per sei persone e non siamo se non egli ed io. Ecco: stamattina noi ci troviamo un quarto di capretto, otto tordarelli, una mezza lepre e queste starne.

Sguazza. Oh cagnaccio! Tu ti debbi dare el buon tempo! Se non fusse stato per amor tuo, arei presa sua amicizia giá mille volte.

Panzana. Sguazza, sai quante volte ch’io t’ho pregato, se tu hai caro d’essermi amico, che tu non pratichi in casa mia. Fuor di casa, poi, voglio che noi siamo i miglior compagni del mondo.

Sguazza. Non sai ch’io non ti posso mancare? E massime che, per adesso, mi sguazzo assai commodamente: che ho per le mani un certo messer Giannino che è tanto accecato nell’amore che mi dá da spendere alla cieca quant’io voglio; e, mentre