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L’atto quarto termina, secondo il manoscritto ’Magliabechiano, con la scena nona (dialogo fra Albizo e Bolognino) e propriamente con le parole di Bolognino «Andiam, ch’orma’ presto l’arete in braccio». Invece, secondo l’edizione dei Giunti, questa medesima scena, che è però ivi la decima e non la nona,1, ha, dopo il verso ora citato, altri sei versi; ed è poi seguita da un’altra non breve scena (dialogo fra Aldabella, Albizo e Bolognino) con la quale veramente l’atto si chiude. Ora, a una dimenticanza dell’amanuense del Magliabechiano, che, nel trascrivere il proprio originale, saltasse via distrattamente gli ultimi sei versi della nona (o decima) scena e tutt’intera la scena decima (o undicesima), non si può pensare in nessun modo;2 ma neppure si può pensare, fino a prova in contrario, che Frosino Lapini, pubblicando l’opera dell’amico, prolungasse di sua propria testa una scena e tutta un’altra scena aggiungesse. Piuttosto sarà da ammettere una doppia redazione della commedia e saran da formulare due ipotesi ugualmente ragionevoli e possibili: o che il D’Ambra medesimo sopprimesse, come non necessario allo svolgimento e all’intelligenza della favola, il dialogo, precedentemente scritto,
- ↑ Tale diversità di numerazione deriva da ciò: che, nel codice (e, per conseguenza, in questa nostra ristampa), la se. 6 dell’a. iv comprende cosi il monologo di Fazio come il suo dialogo successivo con Bolognino e i due facchini; mentre, nell’edizione dei Giunti, il dialogo e il monologo formano due scene separate e distinte (la 6», che si chiude con le parole di Fazio «Egli è desso. Che disegno | fa costui?», e la 7», che si apre con le parole di Bolognino «Or siam a casa. Muovetevi»). Quindi accadde che il numero d’ordine di ciascuna delle scene seguenti si accrescesse, nella stampa fiorentina, d’un’unità.
- ↑ Di altri due codici dei Bernardi, che furon già additati dal De Benedetti e intorno ai quali ha avuto la cortesia di comunicarmi alcune notizie il cav. Carlo Nardini, uno, il Riccardiano 2818, offeso da gravissime mutilazioni, contiene, solo in parte, il primo atto ed il terzo; l’altro, il Riccardiano 2970, ov’è contenuta l’intera commedia in prosa, concorda col Magliabechiano, poiché, in esso, l’atto quarto termina colla scena decima (la numerazione è, dunque, conforme a quella della stampa giuntina) e precisamente colle parole «Andiamo che presto homai l’haverete in braccio». Di questa redazione prosastica il De Benedetti pensa che non ci rappresenti la prima stesura dei Bernardi ma sia stata fatta, per servire ad una qualche recita, da chi «aveva dinanzi il testo in versi, e veniva copiandolo senza cambiare nulla, fuorché qua e là l’ordine delle parole» (op. cit., p. 39).
[in fine: In Fiorenza per Bartolomeo Sermartelli, MDLXIIII. A stanza delti heredi di Bernardo de Giunti]) l’elenco dei personaggi, che nel codice manca. Solo vi introduco alcune modificazioni richieste dalle diverse forme che il codice offre nel testo della commedia; e scrivo «Bisdomini» invece di «Visdomini», «Piro» invece di «Pietro» ecc.