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(quasi che il senso fosse questo: «le sculture, proprio quelle vecchissime e soltanto esse»); e potendosi ancor meno ammettere che, nell’enumerazione delle «cose vecchie migliori che le nuove», abbiano per l’appunto a mancar le galline con le quali sono, invece, immediatamente dopo, raffrontate le donne. — A. II, se. i: «E la mia mala sorte ha voluto che io abbia a esser sottoposto a tanto male. Non m’è mal chi mi ha sottoposto; perché quattro anni sono ch’io cominciai a voler bene a Cassandra, la sua figliuola, non pensando però che questo nostro amore avessi avere si tristo effetto». Scrivendo: «Non m’è mal chi mi ha sottoposto... », cerco di ricavare un senso dalla lezione di R 1 «non me mal...»; quasi che il compiuto pensiero di Cesare dovesse esser questo: «Non è, per me, un male colei che mi ha innamorato, ma si il padre suo col quale ho, disgraziatamente, da fare». Ma è senso stiracchiato e sforzato, di cui sono tutt’altro che soddisfatto. D’altra parte, non servono a dar luce su questo punto né gli altri tre manoscritti né le stampe. I primi, infatti, leggono: «...sottoposto a tanto male non me ma chi m’ha sottoposto perché quattro anni...»; e le seconde (cito per tutte quella di Bologna) leggono: «... sottoposto a tanto male, ne mi manchi, perché quattro anni...». Insomma, il luogo è guasto; e io confesso di non aver saputo trovare il. vero e sicuro modo di emendarlo. — A. in, se. 2: «Io ho paura che noi non facciam come ’l Gonnella». Queste parole, che, secondo Ri, sono pronunziate, al modo stesso delle precedenti e delle seguenti, da ser Iacopo, io le attribuisco invece ad Aridosio; attenendomi, in ciò, alla stampa di Bologna del 1548, senza tuttavia accoglierne la lezione («Io ho paura che facciate com’il Gonnella»). — A. in, se. 5: «Ruf. Un rubino in tavola. Io credo che fosse falso. Avea assai bella mostra; legato all’antica; scantonato un pochetto da una banda. Dice ch’è antico di casa vostra». Seguo, anche qui, la stampa di Bologna (che ha però «poghetto» invece di «pochetto»); sembrandomi naturale e logico che tutte queste parole debbano esser dette dal solo Ruffo. Invece, secondo Ri, sarebbe inserita, nel discorso di Ruffo, un’interruzione di Aridosio: «Ruf. Un rubinetto tavola Io credo che fussi falso havea assai bella mostra legato all’antica. Ar. Scantonato. Ruf. Un pò rotto da una banda dice che è anticho di casa vostra». — A. 111, se. 6: «Lue. Forse li ritroverete. Ma voi dicevate di non aver un soldo, ed ora dite di aver perso due mila ducati? Ar. Tu te ne fai beffe, sciagurato?». Aggiungo,