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430 | i bernardi |
s’ha a chiamar), il figliuol di Girolamo,
el qual stava con Fazio e da Genova
si facea per paura. Ed ho narratoli
com’è il padre in Firenze; e che trovatosi
è la sorella; e che Bernardo Spinola
suo amico ancor ci è; e che la taglia
gli ha levata e il bando: onde la mancia
ne ho spiccata. Or con gran desiderio
vorrei, prima di lui, trovar Girolamo
suo padre; ch’i’ are’ la mancia a doppio.
E, per questo, gli ho detto che, andandone
in piazza, è per trovarli; che lasciatoli
ho quivi. Ma mi penso che e’ siano,
piú presto, qui intorno. E, per tal causa,
ci son venuto; ed anco per intendere
qualcosa d’Alamanno: perché credere
non posso, noi trovando, ch ’e’ non abbia
fatto qualch’opera. Ma ben m’intorbida
la fantasia il chiavistel ch’en l’uscio
è stato messo. Ma oh! Non è ne l’uscio
piú. Ci è entrato gente! In fine, io dubito
di qualche male. Ma sta’ ! che la Menica
esce di casa. Vo’ parlarli e ’ntendere
qualche cosa da lei, se fia possibile.
SCENA XI
Menica fante, Gianni servidore.
Menica. Uh Signor! Che affanni e che scompiglio
è questo nostro! E, se messer Domenedio
non ci mette le mani, non veggio
che sien per esser d’accordo e la povera
figliuola si mariti a quel bel giovane.
Oh che ventura arebbe ella!
Gianni. Che domine