Noi abbiam tutt’a dua a far con diavoli
ed abbiam poco rimedio. Fazio. Che «diavoli»?
Che mi di’ tu? lo ho paura degli uomini,
io. Cambio. Non tè ne far beffe. Cose simili
non posson far gli uomini. I’ vo’ dirti
or quel che è avvenut’a me: che, udendolo,
confesserai che sia cosa diabolica;
e, perch’abbiam a far con un medesimo,
dira’ anco la tuo’ cosa di spiriti
esser. Fazio. Il raccontar questi miracoli
non ci to’ ’l mal. Cambio. Gli è ’l ver; ma pur potrebbesi,
con conferirli, trovar il rimedio. Fazio. Or di’ su! Cambio. Ben sai che nella trappola
feci quel tristo incorrer in quel proprio
modo che noi disegnammo; ed, avendolo
prima serrato dentro a quella camera
terrena ove egli entrò, messi poi a l’uscio
un buono chiavistello. Fazio. Ed io viddilo. Cambio. E poi serrai colla chiave. E non valsemi,
che gli usci fuori. Fazio. A punto vole’ dirti
ch’i’ l’ho veduto e gli ho parlato. Cambio. E io simile‐
mente. Ma sta’ a udir quel ch’è mirabile.
I’ torno a casa; e nel modo medesimo
ch’i’ lo lasciai truovo, non solo l’uscio
da via, ma parimente quel di camera.
Che diresti tu qui? Fazio. Forse che par veti
averlo dentro in casa.