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422 i bernardi

          Noi abbiam tutt’a dua a far con diavoli
          ed abbiam poco rimedio.
          Fazio.  Che «diavoli»?
          Che mi di’ tu? lo ho paura degli uomini,
          io.
          Cambio.  Non tè ne far beffe. Cose simili
          non posson far gli uomini. I’ vo’ dirti
          or quel che è avvenut’a me: che, udendolo,
          confesserai che sia cosa diabolica;
          e, perch’abbiam a far con un medesimo,
          dira’ anco la tuo’ cosa di spiriti
          esser.
          Fazio.  Il raccontar questi miracoli
          non ci to’ ’l mal.
          Cambio.  Gli è ’l ver; ma pur potrebbesi,
          con conferirli, trovar il rimedio.
          Fazio.  Or di’ su!
          Cambio.  Ben sai che nella trappola
          feci quel tristo incorrer in quel proprio
          modo che noi disegnammo; ed, avendolo
          prima serrato dentro a quella camera
          terrena ove egli entrò, messi poi a l’uscio
          un buono chiavistello.
          Fazio.  Ed io viddilo.
          Cambio.  E poi serrai colla chiave. E non valsemi,
          che gli usci fuori.
          Fazio.  A punto vole’ dirti
          ch’i’ l’ho veduto e gli ho parlato.
          Cambio.  E io simile‐
          mente. Ma sta’ a udir quel ch’è mirabile.
          I’ torno a casa; e nel modo medesimo
          ch’i’ lo lasciai truovo, non solo l’uscio
          da via, ma parimente quel di camera.
          Che diresti tu qui?
          Fazio.  Forse che par veti
          averlo dentro in casa.