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414 i bernardi

          Giulio.  E’ mi dice anco ladro.
          Cambio. Ghiotto! adultero!
          truffatori baro!
          Giulio.  Èvene piú?
          Cambio. Tristo! asino!
          furfante!
          Giulio.  Io non arò, po’, pazienzia.
          Io son da me’ di te, vecchio disutile!
          che altro non ha’ in te che la superbia.
          Cambio. Non so chi mi si tien...
          Giulio.  I’ vo’ levarmeli
          dinanzi e voglio, a questa volta, vincere
          me stesso.
          Cambio. Tu se’ stato piú che savio
          andar via, traditor! che ’n tanta collera
          montavo ch’i’ facevo qualche scandalo.
          Orsú ! La vo’ sfogar colla Lucrezia
          e con quella ribalda della Menica.
          Ma l’uscio è pur serrato e sta fortissimo.
          Come sta questo fatto? Io sto in dubbio
          s’i’ mi son vivo o non sogno o farnetico.
          Son io al mondo o son nell’altro secolo?
          Son io Cambio o un altro? Che miracolo
          è questo? Costui è fuor, e non ha l’uscio
          aperto. Vo’ veder se quel di camera
          anco è serrato; e, se egli è, credere
          vo’ certamente che costui sie ’l diavolo.

SCENA IV

Bernardo Spinola, Piro servidore.

          Bernardo.  Qui disson d’aspettare; e li lasciammola,
          in quella casa.
          Piro.  Che fo? picch’io l’uscio?