riporli; che lasciato avea nel fondaco
del mio cugin le chiavi, ove una lettera
scrissi a Roma. E sol per questa causa
me ne vo or a casa. Giulio. Messer Fazio,
voi siate il ben trovato. Fazio. Oh Bernardo!
Tu se’ qui, ch? Giulio. Voi vedete. Fazio. Ah! ah! Vedi,
ch’i’ t’ho fatto sbucar! Giulio. Che «sbucar?» Fazio. Credimi
e’ ho trovato la via. Giulio. Non posso intendere
quel che volete dire; e maravigliomi
assai. Fazio. Ed io di te mi maraviglio.
Ladroncello! A questo mo’ si trattano
i padroni? Giulio. Che v’ho i’ fatto? Fazio. Dicemi
anche «che v’ho i’ fatto»! Giulio. Deh! Di grazia,
parlate chiaro. Fazio. Ecco che chiaro parloti.
Tu se’ un ladro. Giulio. E si fatta accoglienza
mi fate? Fazio. Te la fo come tu meriti. Giulio. Dunque, merito questo pel servizio
che io v’ho fatto? Fazio. E ben fatto servizio!
Ti so dire. Giulio. Vogliate o no, servitovi
ho pur.