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386 | i bernardi |
della Lucrezia, a Alamanno porgere
aiuto. Che ara e’ fatto? Io dubito,
da un canto, che non sia stato timido;
da l’altro, spero ben, per ciò che sogliono
gl’innamorati far cose del diavolo.
Ma oh! L’uscio è ’nchiavistellato. Che diavolo
vorrá dir questo? Oh! oh! Qui son le luia
serrate a fatto. Gli hanno forse sgombero.
Chi sa? Io non so ’ntender questa storia;
e, se io non ritrovo il vero, ispasimo.
Vogl’ire a casa, per ciò che possibile
è trovarvi Alamanno che raccontimi
il tutto; e, se non vi è, io delibero
tanto di lui cercar ch’io ritruovilo.
SCENA VI
Fazio vecchio, Bolognino servidore con dua facchini.
Fazio. Ve’ che feci pur ben, a tór la lettera
di questo ladroncello, a far quest’opera!
Che mi è stato un gran mezzo ch’i’ recuperi
i mia danar: che, come gli Otto veddero
10 scritto di suo’ man, come trovavasi
dumila scudi mia, mandaron subito,
senza pensarvi sii, un lor famiglio
a l’osteria, per essi; e me li dierono
che non mancava un quattrino. E a lui fecero
comandamento che al loro uficio
comparissi: che non credo che faccia.
Piú presto, penso, se n’andrá in dileguo
colle trombe nel sacco. Ma non portami.
Vadia or dove gli par; solo bastami
aver el mio riavuto. E’ fu ottimo
consiglio, questo; e piú breve e piú facile.
Il resto lascerò or far a Cambio.