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382 | i bernardi |
SCENA III
Albizo giovanetto, Bolognino servidore
.
Albizo. Conosco or, Bolognin, per sperienzia
che non si può trovar pena piú aspera
che quella che gli antiqui imaginaronsi
ne l’inferno patir, fra gli altri, Tantalo:
ch’era assetato; ed ave’ la freschissima
acqua presso alle labra; e ’mpossibile
gli era il gustarne.
Bolognino. Lasciam ir le favole.
Che dice il vecchio?
Albizo. Che ha mutat’animo,
quant’al mandarm’a Viterbo; e ch’i’ mettami
a ordin, che diman vuol che si publichi
el parentado.
Bolognino. E l’Aldabella?
Albizo. Escludemi
di casa, se io prima non li annovero
se’ scudi d’oro che io ho promessili.
Bolognino. Ha ella in casa la Spinetta?
Albizo. Havvela.
Bolognino. Caviannela per forza.
Albizo. Deh! Caviannela.
Bolognino. V’appiccheresti, ch? Ah! Sono agevoli
queste ta’ cose a dire; e poi difficili
a farle. Ma dite un po’: non potrebbesi,
stasera, al buio, andarvi? e far ogni opera,
con cenni fuori, che ella, conoscendovi,
v’aprissi l’uscio? e poi con voi venissene,
benché Aldabella non voglia?
Albizo. Potrebbesi.
Ma ella n’ara fatto, intanto, copia
a un altro; il qual seco ara menatola.