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378 | i bernardi |
darmi, al presente, una grata licenzia.
Di parlarci arem tempo.
Girolamo. Oh! Molto subito
da me partite!
Bernardo. La fretta mi caccia.
SCENA XI
Girolamo solo.
Che deggio dire ora, infelicissimo
me? se non che costui è certissimamente
un baro, un assassino, un publico
ladron? Il quale ha occis’aimè misero!
il mio figliuolo; e li suo’ danar toltoli;
ed ora il nome suo attribuiscesi
per far qualch’altro acciacco. Né ci è dubbio;
che la patente, che gli ha, cert’indizio
me ne dá. E dovè con lui gran pratica
aver, sapendo e’ mie’ fatti. Or ingegnasi
trovar la mia figliuola acciò che publica
meretrice la faccia. E se sa fingere,
Die tei dica! Oh ribaldo! E, perché dubita,
come fa quel che d’un fallo è colpevole,
d’ogni persona, fugge la mia pratica:
tanto piú pere’ ho detto di Cicilia
essere; ond’essend’alla «Graticola»
alloggiato (il che so io certissimo),
m’ha detto, il truffatori da Santo Spirito,
dove non è albergo alcun, ch’i’ sappia.
Parti che sappi fare? Oh baro pessimo!
Ma tu l’ara’ errata. El tuo grandissimo
peccato t’ha condotto dove meriti.
I’ non lo vo’ staccar; ch’i’ voglio intendere
dond’ha quella patente e dove è Giulio
mio figliuol. E, s’i’ dovessi metterci