se avete da far. Ma senza causa
non ve ne ricercava io. Sapendolo,
vo’ mi sodisfaceate con piccola
cosa. Cambio. Altro debbi voler. Piro. Deh! Ve’ asino,
vecchio poltrone! Cambio. E tu chi se’ che tanto
cerchi saper chi son gli altri? Bernardo. Da Genova
sono; e ’l mio nome è Bernardo Spinola.
Forse ch’i’fo pregarmi? Cambio. Tant’avessi tu
fiato, uccellaccio, che Bernardo Spinola
non sei tu! Ma ben per certo credomi
che sia un tristo come lui. Ed avveggiomi,
ora, per qual cagion con tanta instanzia
domandasti chi era colui. Vedi
che troppo ben feci pur a non dirtelo! Bernardo. Vecchio, i’ non vo’ con voi entrar in collora;
perch’i’ veggio che qualche passion d’animo
vi fa cosí parlar e, piú ch’el solito,
forse, esser discortese. Ma, se Dio
m’aiuti, i’, certo, son Bernardo Spinola
genovese, che, fa tre di, venuto
sono da Roma. Cambio. I’ so ben che Bernardo
è tornato e che in Firenze trovasi.
Ma tu non sei quel giá, tu; che promettoti
che, se tu fussi, mi bastare’ l’animo,
come mi vedi, di cavarti un occhio
con questo dito. Piro. Adagio! E’ non rimettono. Bernardo. V’ha forse fatto qualche grande ingiuria
questo Bernardo? poi che si fatt’animo
gli avete contro.