Cambio. Ma non pensi ch’i’ me ne
voglia tór giú. I’ vo’ farlo nel bucine
entrare e, non avendo altro rimedio
di poi né chi m’aiuti, voglio irmene
agli Otto; che non mi par ragionevole
che, senza punizion, a un sia libero
l’entrar per l’altrui case. Voglio ascondermi,
da poi ch’i’ arò posto el contrasegno
alla finestra e posto l’uscio in bilico,
sotto la scala o nella volta; e, subito
ch’i’ sentirò ch’e’ sia entrato in camera
terrena, vel serrerò dentro. E possolo
fare, che fuori è ’l paletto: onde serrasi
la camera di fuor. Ma che fatappio
va qui aggirando? Io so che la Lucrezia
è pur serrata in luogo che possibile
non è che mai si faccia alle finestre.
Qual cosa vuol costui? Non gira nibbio
mai che non sia presso una carogna. Piro. Padron, eccolo a noi. Or afrontatelo.
Non istate piú a vedere. Bernardo. Salvivi
Iddio, gentiluomo. Cambio. E te ancora.
Che vai cercando qui ’ntorno? Bernardo. Piacendovi,
vorrei mi dicessi come chiamasi
quel gentiluom che, poco fa, parlavavi
in Borgo San Lorenzo. Cambio. E che impòrtati
questo? Bernardo. Oh! Pur assai. Cambio. Oh! Va’ domandane
lui; ch’i’ ho tanto da far da me proprio
ch’i’ non tengo conto d’altrui. Bernardo. Dispiacemi,