Bernardo. Lo so; e giá non dubito
che mi sie fatto torto. Piro. Deh! Lasciatelo,
padron, grachiare. Bernardo. No, ch’i’ vo’ difendere
l’onor mio. I’ v’ho detto e raffermovi
ch’i’son Bernardo, io, d’Alberto Spinola;
né ho vostri danari. E ch’il contrario
dicessi se ne mente. Piro. Or cosí piacemi,
padrone. Bernardo. Mai si. Fazio. Non vo’ combattere
teco. Ma fa’ pensier ch’e’ danar m’abbino
a esser messi su. Bernardo. Potrebbe essere. Fazio. I’ saperrò ben io trovar quel proprio
che gli ha riscossi, per tórli. Bernardo. Trovatelo. Fazio. Me n’andrò agli Otto. Bernardo. Andatevene a’ sedici,
se non basta otto; che io son certissimo
che ’l mio non mi sará tolto. Fazio. In nomine
Domini, innanzi che sia sera, odimi,
i’ vedrò in viso e’ mia danar. Bernardo. Rispondere
non vo’ piú. Piro. Or cosí fate. Lasciatelo
ir col diavolo. Bernardo. Vadia. Ma io che deggio
dir di questa faccenda? Piro. Che vi dissi?
Che gente è in questa terra! I’, per me, penso
che questo vecchio, al fermo, abbia notizia