di poi, scontrammo le galee di Napoli
ch’andavano in Ispagna. E, combattendoci,
ebbeno in lor balia la fusta propria
dove era la mia figliuola: onde stimomi
che l’amiraglio la menassi a Napoli. Messer Rimedio. Di vo’ che avvenne? Girolamo. Son stato, piú d’undici
anni, prigione a remare. Messer Rimedio. Oh povero
uomo! Ma come poi venisti libero? Girolamo. Venni, mercé delle galee di Francia:
le quali, dopo quel tempo che dettovi
ho, preson tutte l’altre fuste; e poson me
a Marsilia, ora è sei mesi, ove poveramente
son dimorato. E, se non fussi
che v’eran certi della patria mia,
io la facevo molto male. Messer Rimedio. Credovi. Girolamo. Ed or son in cammin per ire a Napoli.
Intanto, per la via, vo del continovo
domandando in tutti e’ luoghi ove trovomi
di questo mio figliuol. Messer Rimedio. Ben fate. E, s’io vi
posso esser in niente favorevole,
richiedetemi pur; che, per Dio, increscemi
de’ vostri affanni. I’ mi chiamo Rimedio
Bisdomini; e colá, in quella casa, abito.
E voi com’avete nome? Girolamo. Girolamo
Fortuna. Ma ben «trista», puossi aggiugnere;
e direbbesi il ver. Messer Rimedio. Or be’, Girolamo.
Com’i’ v’ho detto, s’en conto alcun possovi
far ben, io son parato. Girolamo. I’ vi ringrazio,
quanto so e posso. E, dimorandoci