Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/363


atto terzo 351

          Bernardo. Si! difficile!
          Mi piacque. Non sai tu che ’l tutto è facile
          a chi vuole? Po’ io mi truovo in termine
          buono, oramai. I’ gli ho tal can da giugnere
          lasciato a spalle che poco può correre
          che la non resti in preda.
          Piro. E chi?
          Bernardo. Una femina,
          la piú suflciente che in Italia
          trovar si possa, che fa l’essercizio
          di rivendere spoglie. E promettemi,
          infra duo giorni, far colla sua industria
          ch’arò l’intento mio.
          Piro. Deh! Abbiatevi
          cura, padron: che, ’n questa cittá, abita
          gente astuta e sottile; e molto agevolemente
          potre’ci un forestier incorrere
          in pericolo. Andate adagio a credere;
          e massimamente a donne.
          Bernardo. Orsú! Lasciane
          la cura a me.
          Piro. Ho voluto avertirvene.
          Bernardo. Ha’ fatto bene. Ma oh! oh! Discòstati
          un poco. Ecco colei che questo carico
          s’ha preso. Vo’ poter seco alla libera
          parlar; che so mi cerca.
          Piro. Ecco, discostomi.
          Deh! Ve’ figura ch’è questa! Ed ei credegli!
          Che s’i’ credo giá mai che tre pallottole
          accozzi in un bacin, ch’i’ possa rompere
          il collo! Or dich’i’ ben ch’Amore gli uomini
          acceca si che piú nulla discernono.