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24 | l’amor costante |
Sguazza. Io vi dirò. E’ mi s’è scoperto un poco piú largamente dell’altre volte e m’ha raccontato una storia longa e fastidiosa, una filastrocca da vecchi che, per esser di poca importanza, me la son tutta scordata. Basta che la conclusione era che tutta la colpa rivolta adosso a Lucrezia; la qual dice che patirebbe prima mille morti che far cosa che voi vogliate.
Messer Giannino. Sguazza, o veramente questo bufalon di Guglielmo è il peggior vecchio che fusse mai, che va trovando queste scuse perché non se la vorrebbe levar di casa per servirsene lui...
Sguazza. Tant’ho pensato ancor io.
Messer Giannino. ...o veramente costei è la piú crudel donna, la piú ingrata che si possa trovare sotto ’l regno della ingratitudine. Oh Lucrezia! Quanto contrario premio merita la mia fede! Insomma, vorrei sapere il certo di questa cosa: perché, se ’l peccato è del vecchio, questa spada me lo levare dinanzi; se la colpa è di Lucrezia, privarommi d’ogni speranza e cosí subito cadrò morto e libero d’ogni affanno.
Sguazza. Messer Giannino, se da l’un canto voi minacciassi lui e da l’altro sollecitasse lei, sarebbe agevol cosa di conoscer la magagna dove la sta. Si che mi parrebbe che si dovesse desinar presto; e di poi considerar la cosa meglio e subito metterla ad effetto.
Messer Giannino. Inanzi ch’io mi risolva ad altro, voglio un poco aspettar che nuove Vergilio mi porta; che sta intorno a Marchetto per questo conto.
Sguazza. Mi piace. E, per avanzar tempo, mi parrebbe di dare ordine di desinare, per uscir tanto piú presto di questo impaccio. Avete denari a canto, che provederò qualche cosa?
Messer Giannino. Si, credo. Tolle.
Sguazza. Quattro, otto, dodici, sedici. Sedici grossi. Vedrò di farli bastare.
Messer Giannino. Va’; e, se trovi Vergilio, digli che mi troverá all’orafo, com’io gli dissi.
Sguazza. Lassate fare a me.