Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/351


atto secondo 339

          Messer, tieni un po’ qui; leggi, di grazia,
          e dove sta costui saccimi dicere.
          Cambio. Mostra qua. Oh! E’ bisogna ch’i’ adoperi
          gli ochiali.
          Fazio. Dalla a me, ch’ancor servonmi
          gli occhi.
          Cambio. To’, che la mia sare’ lung’opera.
          Fazio. «Domino Cambio Ruffoli, Florentie».
          Questa viene a te.
          Cambio. Si, pare a me. Da’ mela.
          Fazio. To’ qui.
          Zanaiuolo. Che dice?
          Cambio. Chi ti manda?
          Zanaiuolo. Un giovano.
          Ma questo che t’importa? Sa’mi dicere
          dove ho a bussare?
          Fazio. Non è necessario
          bussare. Non potevi meglio abbatterti.
          Questo è a punto colui che tu cerchi.
          Zanaiuolo. No, diavol! Dammi pur qua in man la lettera,
          che l’ho a lasciar ad altri.
          Cambio. Che di’, bestia?
          Se la dai a chi la va, non ti è bastevole?
          Zanaiuolo. No, Dio! Dália qua; che saria scandalo.
          Fazio. Che scandal? Non va ella a Cambio Ruffoli?
          Zanaiuolo. Che ne saccio io? A una fante debbola
          lasciare, non a un uomo. Intiennimi
          tu?
          Cambio. Che fante o non fante? che m’hai fracido.
          La lettera vien a me; ed io leggere
          la debbo, nuovo pesce!
          Zanaiuolo. Or va’ e ’mpiccati:
          che non l’ho a dar a te; che questo imposemi
          chi me la diede, che io in man d’uomini
          non la lasciassi.
          Fazio. E chi è questo giovane
          che te la dette?