Messer, tieni un po’ qui; leggi, di grazia,
e dove sta costui saccimi dicere. Cambio. Mostra qua. Oh! E’ bisogna ch’i’ adoperi
gli ochiali. Fazio. Dalla a me, ch’ancor servonmi
gli occhi. Cambio. To’, che la mia sare’ lung’opera. Fazio. «Domino Cambio Ruffoli, Florentie».
Questa viene a te. Cambio. Si, pare a me. Da’ mela. Fazio. To’ qui. Zanaiuolo. Che dice? Cambio. Chi ti manda? Zanaiuolo. Un giovano.
Ma questo che t’importa? Sa’mi dicere
dove ho a bussare? Fazio. Non è necessario
bussare. Non potevi meglio abbatterti.
Questo è a punto colui che tu cerchi. Zanaiuolo. No, diavol! Dammi pur qua in man la lettera,
che l’ho a lasciar ad altri. Cambio. Che di’, bestia?
Se la dai a chi la va, non ti è bastevole? Zanaiuolo. No, Dio! Dália qua; che saria scandalo. Fazio. Che scandal? Non va ella a Cambio Ruffoli? Zanaiuolo. Che ne saccio io? A una fante debbola
lasciare, non a un uomo. Intiennimi
tu? Cambio. Che fante o non fante? che m’hai fracido.
La lettera vien a me; ed io leggere
la debbo, nuovo pesce! Zanaiuolo. Or va’ e ’mpiccati:
che non l’ho a dar a te; che questo imposemi
chi me la diede, che io in man d’uomini
non la lasciassi. Fazio. E chi è questo giovane
che te la dette?