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334 i bernardi

          Gianni non è mai tornato. Chi domine
          ho io a mandar che tal ufficio sappia
          far? S’i’ mando un fanciullo? Eh! Fia difficile
          trovarn’uno a proposito. E s’i’ mandovi
          un zanaiuol? Andrá. Ma potrebb’essere
          che non volessi pigliarla; che Cambio,
          ch’è sospettoso, debbe ragionevolemente
          aver comandato ch ’un simile
          uomo, per conto alcuno, non ascoltino.
          Ah! Or avrei bisogno di consiglio!
          E quel che s’ha da fare senza indugio
          bisogna far; che, se poi torna Cambio
          a- casa, per tutto oggi, saria agevole
          cosa che non uscissi. Ma io dilibero
          mandar al tutto un zanaiuolo. S’elleno,
          senza dir altro, accetteran la lettera,
          ben è. Quando che no, vo’ che dica essere
          a lor mandato da Bernardo Spinola
          da Genova; che, se ode la Lucrezia
          nominar chi sopr’ogni altro desidera,
          sará cortese, ancor che con pericolo
          suo sia. Adunque, ciò far sará el meglio,
          senza pensarci piú su. Preso subito
          il partito, cessa l’affanno. Faccisi.

SCENA V

Fazio vecchio solo.

          Io ho penato due ore a risolvermi
          se a Viterbo mandar debbo Albizo
          mio figliuolo o no. E mi tenevano
          due cose: l’una, che gli è troppo giovane,
          né, ’nfino a qui, perdut’ha mai la cupola
          di veduta, ed è anco poco pratico,