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atto secondo | 333 |
d’ir fuori e poi, di piatto, usa nascondersi
o sotto la scala o nel necessario
o sotto il letto e poi, quando nien credesi,
ci si scuopre a ridosso com’un fistolo.
Ma noi n’abbiam, per la consuetudine,
giá fatto il callo; e sempre stiamo in ordine,
come se fusse presente: onde truovaci
come lasciònne. E, benché tante storie
faccia e sia tanto in osservarci cauto,
U non ha ei però fatto tanto, el povero
uomo, che non si sia pur la Lucrezia
preso uno innamorato che ne spasima.
E, se non fusse ch’andar bisognevole
gli è stato a Roma, i’ credo senza dubbio
ch’a quest’ora saria con esso itane
in dileguo; e farallo, se mai tornaci.
! E, s’ella el fa, dará a tutti ad intendere
che quanto piú le fanciulle si guardano
dagli uomin tanto n’hanno maggior voglia:
che quelle cose che tanto si vietano,
per una usanza, sempre si desidrano.
Ma uh! sciagurata a me! Se ei rivolgesi
indietro, e che mi vegga ancor a l’uscio,
Signor! e’ non ci fia sacco in che mèttello.
Gli è dunque me’ ch’i’ torni alla Lucrezia»
SCENA IV
Alamanno giovane.
Io ho, dalla finestra, visto Cambio
uscir di casa. E ave’ a punto la lettera
scritta che mandar voglio alla Lucrezia:
onde ne son venuto fuor di subito.
Or resta sol ch’i’ trovi uno che portila
in modo tal che non ne nasca scandolo.