Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/336

324 i bernardi

          mi chiama e mi domanda se di Fazio
          Ricoveri so la casa. Io risposili:
          — Vedila lá. — Soggiuns’elli: — Conoscilo? —
          — Come! — diss’io — che sto al suo servizio? —
          — Dunque — diss’elli — non fia necessario
          ch’i’vadia piú avanti. Tu benissimo
          gli fará’l’ambasciata che ’l suo giovane
          (e’ ha nome, pare a me, Bernardo Spinola)
          fu, son tre giorni, assaltato e fu toltali
          una sua bolgia dove dice ch’erano
          ben dumila ducati; ed ei gravissimamente
          è ferito; e, quanto può piú, pregalo
          che mandi un dove gli è, che qualche indizio
          ha di quelli assassini e forse, usandosi
          diligenzia, ritrovar si potrebbero. —
          Fazio. Dove fu il caso? ed ei dove ritrovasi?
          Bolognino. Il caso fu, par a me, allo scendere
          della montagna di Viterbo; e ei trovasi
          li in Viterbo.
          Fazio. Oh sorte mia contraria!
          Ma dimmi: che uomo è quello che disseti
          questo? che la non sia una burla.
          Bolognino. Era un giovane
          da bene.
          Fazio. Onde ciò seppe?
          Bolognino. Trovòvisi.
          E dice che anch’ei portò pericolo
          grande; ma che, per aver buona bestia
          sotto, si liberò da quella furia.
          Fazio. Dunque era seco?
          Bolognino. Si, per quanto dicemi.
          Fazio. Gli are’ voluto parlar.
          Bolognino. Ben un asino
          fu. E gne ne dissi: che, se servizio
          v’avea a far, dove’ di bocca propria
          farvi questa imbasciata. Ma non valsemi