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318 i bernardi

          Questo giá non mi piace; ch’ogni grazia
          perderá, se l’è donna ragionevole.
          Gianni.  Dch! ascoltate... e che siate prontissimo
          a tórla per isposa e po’ menamela,
          con que’ danari del padron, a Genova.
          Alamanno.  Pur lo fa’ ladro.
          Gianni.  No; ch’i’ voglio aggiugnere
          «che dir si posson mia per il salario,
          ch’i’ l’ho servito tant’anni». E credibile
          questo parrá a lei, perché le femine
          non discorron piú lá.
          Alamanno.  Oh! oh! oh! Piacemi
          cotesto.
          Gianni.  E, perché gli è necessario
          prima parlar insieme, pregherretela
          che, come il padre è ito fuori, subito
          vi metta in casa, nel modo e coll’ordine
          ch’i’ vi dirò di poi, quando la lettera
          scriverrete.
          Alamanno.  Sta bene.
          Gianni.  E, se l’è d’animo
          che voi mi dite e se n’è consapevole
          la fante, per uscir di tal miseria,
          vi è me’ per riuscir che io non dicolo.
          E, come siate in casa, che ella veggavi
          in viso, vo’ saresti ben uom debole,
          se, in poche parole e presto, non ve la
          facessi amica; che di Monterappoli
          ara la lancia né gli fia possibile
          far altramente che la vostra grazia
          mantenersi e donar quel non può vendere.
          Che dite?
          Alamanno.  Vo’ lo far. Ma come domine
          gli manderò poi la lettera?
          Gianni.  Diavolo
          che ci manchi chi vadia! Un uom incognito.