Questo giá non mi piace; ch’ogni grazia
perderá, se l’è donna ragionevole. Gianni. Dch! ascoltate... e che siate prontissimo
a tórla per isposa e po’ menamela,
con que’ danari del padron, a Genova. Alamanno. Pur lo fa’ ladro. Gianni. No; ch’i’ voglio aggiugnere
«che dir si posson mia per il salario,
ch’i’ l’ho servito tant’anni». E credibile
questo parrá a lei, perché le femine
non discorron piú lá. Alamanno. Oh! oh! oh! Piacemi
cotesto. Gianni. E, perché gli è necessario
prima parlar insieme, pregherretela
che, come il padre è ito fuori, subito
vi metta in casa, nel modo e coll’ordine
ch’i’ vi dirò di poi, quando la lettera
scriverrete. Alamanno. Sta bene. Gianni. E, se l’è d’animo
che voi mi dite e se n’è consapevole
la fante, per uscir di tal miseria,
vi è me’ per riuscir che io non dicolo.
E, come siate in casa, che ella veggavi
in viso, vo’ saresti ben uom debole,
se, in poche parole e presto, non ve la
facessi amica; che di Monterappoli
ara la lancia né gli fia possibile
far altramente che la vostra grazia
mantenersi e donar quel non può vendere.
Che dite? Alamanno. Vo’ lo far. Ma come domine
gli manderò poi la lettera? Gianni. Diavolo
che ci manchi chi vadia! Un uom incognito.