non ha mai potuto aquistar, per essere
in quel grado che gli è. E riuscivami:
che giá la cosa era ridotta a termine
buono; e, se ei non partiva cosí subito
per Roma, com’ha fatto, per riscuotere
dumila scudi del padron (che ’l diavolo
ne lo porti!), era io salvo. Gianni. Potrebbe essere.
Ma io, per me, d’un simil uom, per dirvela,
non mi rídere ’mai. Alamanno. Perché? Gianni. Uno ignobile m
di rado ama un ch’è nobil. Non convengono
e’ giude’ co’ samaritan. Alamanno. Son favole
coteste. E poi Bernardo è uomo nobile
a casa sua. Gianni. Dio ’l sa. Alamanno. Iddio e gli uomini
ancora el sanno. E, se tu vuoi promettermi
di noi dir mai, per ciò che è d’importanzia
grande, il suo caso ti dirò per ordine. Gianni. Come, in ogni altra cosa, segretissimo
vi son, cosí prometto in questo d’essere.
Non dubitate. Alamanno. Alza la fede. Gianni. Eccola. Alamanno. Or odi. In prima, quantunque e’ si nomini
Bernardo, el nome proprio suo è Giulio;
e, benché a tutti dica esser da Genova,
è da Palermo cittá di Cicilia;
e ’l padre suo, se gli è vivo oggi, chiamasi
Girolamo Fortuna. Gianni. Dch! Ve’ favola
ch ’è questa! Alamanno. Ed era, a casa sua, richissimo
e nobile.