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atto primo 315

          non ha mai potuto aquistar, per essere
          in quel grado che gli è. E riuscivami:
          che giá la cosa era ridotta a termine
          buono; e, se ei non partiva cosí subito
          per Roma, com’ha fatto, per riscuotere
          dumila scudi del padron (che ’l diavolo
          ne lo porti!), era io salvo.
          Gianni.  Potrebbe essere.
          Ma io, per me, d’un simil uom, per dirvela,
          non mi rídere ’mai.
          Alamanno.  Perché?
          Gianni.  Uno ignobile m
          di rado ama un ch’è nobil. Non convengono
          e’ giude’ co’ samaritan.
          Alamanno.  Son favole
          coteste. E poi Bernardo è uomo nobile
          a casa sua.
          Gianni.  Dio ’l sa.
          Alamanno.  Iddio e gli uomini
          ancora el sanno. E, se tu vuoi promettermi
          di noi dir mai, per ciò che è d’importanzia
          grande, il suo caso ti dirò per ordine.
          Gianni.  Come, in ogni altra cosa, segretissimo
          vi son, cosí prometto in questo d’essere.
          Non dubitate.
          Alamanno.  Alza la fede.
          Gianni.  Eccola.
          Alamanno.  Or odi. In prima, quantunque e’ si nomini
          Bernardo, el nome proprio suo è Giulio;
          e, benché a tutti dica esser da Genova,
          è da Palermo cittá di Cicilia;
          e ’l padre suo, se gli è vivo oggi, chiamasi
          Girolamo Fortuna.
          Gianni.  Dch! Ve’ favola
          ch ’è questa!
          Alamanno.  Ed era, a casa sua, richissimo
          e nobile.