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atto primo 313

SCENA II

Alamanno giovane, Gianni suo servidore.

          Alamanno.  Fra gli altri segni, quando vuoi conoscere,
          Gianni, se sei col tuo padron in grazia
          e se t’ha caro, pon’mente se egli
          ti conferisce e’ segreti e se fidasi
          di te, cora’ or fo io.
          Gianni.  Io son certissimo
          che vo’ m’amate piú che ’l convenevole.
          Ed io, dal canto mio, come è mio obligo,
          colla mia servitú vi rendo il cambio.
          Alamanno.  Io lo veggio. E però, senza ch’i’ dubiti, c_
          ti vo’ narrar ogni cosa acciò sappimi
          me’ consigliare.
          Gianni.  Io son paratissimo
          a darvi tutti i consigli che ottimi
          istimerò per voi.
          Alamanno.  Or dunque, ascoltami.
          Colei per cui, giorno e notte, affliggermi
          vedi non è, come stimi, l’Emilia
          di quel Noferi Amier ch’era or con Fazio;
          ma è un’altra piú bella e piú nobile.
          Gianni.  Dunque, m’avete dimostrate lucciole
          per lanterne infino a oggi?
          Alamanno.  Ascoltami.
          Io l’ho fatto a buon fin, non giá per fingere.
          Gianni.  Non importa, padron, perch’ogni comodo
          vostro è mio.
          Alamanno.  Tutto so benissimo.
          Ma odi. Quella per cui sento struggermi
          è quella che sta li.