Fazio. Io non ho lettere
di poi: se non che ’l procaccia, che ultimamente
venne, m’afferma quello essere
di tre giorni partito, la domenica
che ei montò a cavallo; ond’ora esserci
do verrebbe. Noferi. Gli è ver. Ma di che dubiti,
in questa cosa? Fazio. Dice «di che dubiti»!
Di quel che è da dubitar: non perdere
i mie’ danar. Noferi. Vo* dir, dove va l’animo
tuo; quel che ne pensi. Fazio. Le disgrazie
son sempre apparechiate; e poi il comodo
fa spesso l’uomo ladro. Noferi. Oh! Quest’intendere
volea da te: se del giovane dubiti. Fazio. D’ogni cosa tem’io. Noferi. Mi maraviglio
de’ fatti tuoi, che, se d’un non ti fidi,
gli dia faccenda tale. Ti mancavano
uomini da mandar? Fazio. Ci è ben dovizia
d’uomini, si; ma, de’ fedel, pochissimi
ci sono. Noferi. Come non ti venne in animo
mandare il tuo figliuol? Fazio. Gli è troppo giovane;
e non si debbe a un fanciullo credere
si grossa somma, pe’ casi che nascere
posson sempre. Che ne so io? Noferi. Piacemi
il tuo discorso. Ma questo tuo giovane
quant’è che ti fu in casa? Fazio. Oh! È giá un numero
di dodici anni.