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spagnuolo e prologo | 19 |
metá del suo e per insino al marzapanetto vuol sempre alla sua tavola; buone carni non vi dico; bugiardo, vantatore come Dio sa fare. È napolitano; e, giá parecchi anni sono, non potendo stare in Napoli per certe poltronarie ch’egli aveva fatte, venne a stare in Pisa con un suo fratello ch’era a studio qua e dipoi ci ha compro casa e preso i privilegi di cittadin pisano. E ’l giorno lo spende tutto in sonettucci ed in baiarelle, salvo la mattina la quale tutta consuma in lavarsi, spelarsi, pettinarsi, perfumarsi, cavarsi e’ capei canuti a uno a uno, tegnersi la barba; e oggi fare l’amor con questa e doman con quella. Non sta mai fermo in un proposito e sempre poi si riduce a mescolar questa sua profumatura con il succidume di qualche fantescaccia. E forse che gli ha da essere scusato per esser giovane? Ei si trova, se non piú, quarantotto anni in sul culo, ancorché, se voi nel domandasse, so certo che direbbe che, a quest’altro mese, finisce vintinove o cosí. Provate, se torna piú qui da voi, a domandamelo; e vedrete. E fa profession, questa pecora, di intertener dame e di poeta. E vi prometto che non fu mai el piú fastidioso uomo fra donne che è costui, che mai lassa parlar ad altri una parola, dove si trova. E mi ricordo aver visto, qualche volta, sudare alcune donne d’affanno e di smania di vederselo levare dinnanzi. E, sempre che e’ ti trova, al primo ti sbolgetta qualche sestina o canzone, le piú goffe cose del mondo. Voi n’avete visto el saggio. E ora, per ristoro, è intrato, il babbione, in gazzurra di pigliare moglie. Io vi so dir che maestro Guicciardo arebbe poche facende a dargli la figlia! So’ certo che non passa molto che gli sará tirati e’ sassi dietro. Tal sia di lui. Io mi vi raccomando.
SCENA V
Guglielmo vecchio solo.
«Como havemos tiempo, no speramos tiempo», soleva dir mio padre quando era gentiluomo del duca Valentino. Insomma, io non vo’ lasciare per niente questa buona fortuna che mi si porge dinanzi. Io ho sempre con diligenzia cercato,