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286 il ragazzo


Pedante. Quam bene locutus est, a questa volta, messer Cesare! Rhetorice quidem et ornate.

Messer Cesare. Or venite, adunque, sposa e sposo.

Valerio. Ecco, ecco. Oh quanto m’allegro che le cose vadano per questa via!

Pedante. Quam pulchra est! Degna fu veramente di rapina.

Messer Lucio. Venite qui, messere. Vostra Eccellenzia faccia le parole.

Pedante. Io le farò breviter. E potrei ancora volgere il mio eloquio in farvi un dotto sermone in laude del sacrosanto matrimonio; e dimostrarvi qualiter ille sumus Opifex rerum, da poi che creò la terra, il mare e quod tegit omnia coelum e le bestie, volatili, aquatici e terrestri, creò l’uomo dominator del tutto. Della costa del quale avendo cavata madonna Eva, gli copulò amendui insieme; e comandò loro espressamente che dovessero accrescere, moltiplicare e riempir la terra, intendendo di questa copula matrimoniale. Ma questo sermone si doverebbe fare in caso che i! giovane o la giovane fosse a ciò renitente. Di che è tutto il contrario. Però discendiamo alle parole ordinate dalla Ecclesia. Ma, prima et ante omnia, dignum et iustum est che voi, madonna Camilla, v’ingenocchiate dinanzi il padre e che gli postuliate venia del comisso e perpetrato errore in disubidienzia.

Camilla. Carissimo padre, io vi dimando perdono del fallo in che, come giovane e troppo vinta d’amore, m’ho lassato cadere; appresso vi prego che non mi neghiate la benedizion vostra.

Pedante. Plora da tenerezza, il misero padre.

Messer Cesare. Figliuola, perdoniti Iddio e ti benedica come io ti benedico e perdono.

Spagnuolo. Io ancora vi chieggo perdono, messere e signor mio, della offesa; la quale ve n’è venuta da me per poca prudenza mia e per essere sforzato dallo amore che ho portato alla vostra figliuola e portarò sempre.

Messer Cesare. Non accade che mi dimandiate perdono perché da voi non voglio tener che mi sia venuto offesa alcuna; che, se offesa me ne viene pure da veruna parte, tutta è da