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atto quinto 285


SCENA III

Messer Lucio, Pedante, Messer Cesare, Camilla,

Spagnuolo, Valerio, Ciacco.

Messer Lucio. Messer Cesare, il cardinale mio signore, del quale io sarò imbasciatore e negociatore, vi fa sapere che egli ha inteso assai bene la offesa che v’è stata fatta, questa notte, dal suo giovane nipote in menarvi via la figliuola; e se n’ha doluto molto. Ora, perché Sua Signoria ha conosciuto che questa cosa è avenuta per voler di lei che ne è stata consenziente...

Pedante. Exorditur ab officio. Optime.

Messer Lucio. ... e non per violenzia che egli le abbia usata, per ciò, volendo egli supplire a quello nel che il nipote, si come giovane e sottoposto ad amore, ha mancato, ditermina, con voler di voi, che ella gli abbia ad esser, non concubina, ma sua legittima donna; e la vuol dotare di suo; e vuol che la dote sia in ducati dieci mila. Qual sia la condizione e la buona qualitá del giovane, essendo nipote d’un tal cardinale, penso che ne possiate essere oggimai assai ben chiaro, se ben per adietro non ne aveste avuto molta cognizione. Saperete ora da me ch’egli l’ha in luogo di figliuolo e come figliuolo l’ama.

Pedante. De hoc multo locutus sum il li Messer Cesare. Padron mio, che il cardinal, vostro e mio signore, se abbia doluto de’ casi miei, ha fatto quello che si conviene alla sua somma bontá. Che egli ora cosí cortesemente si muova a dotar la mia figliuola, cotesto è ben un legame da stringer verso di lui in perpetuo la obligazion mia. Intenderete, adunque, che non men caro è a me d’accettar questo parentado che a lui d’offerirlo. E, se io avessi conosciuto prima la qualitá di quel giovane, forse che io sarei stato il primo a chieder questo.

Valerio. Che genti sono quelle colá?

Messer Lucio. Io, per nome di Sua Signoria, vi ringrazio.