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278 | il ragazzo |
Signoria sta bene il «reverendissimo» e peggio. Ma voi che dite di «vènculo» ?
Pedante. Dico che tu sei iuvènculo, cioè giovanetto.
Giacchetto. Io v’intendo, ora.
Pedante. Se hai a splicarmi nulla, sollecita, perché brevis oratio...
Giacchetto. Udite, messere; e perdonatemi, se io userò un poco di presonzione nel dire.
Pedante. Di’ pure, favella, sermoneggia, che io ti do plenaria indulgenzia; volli dir, libertá di confabular meco.
Giacchetto. Ho udito dire che fu sempre costume di chi sa lo accommodarsi ai tempi.
Pedante. Sentenzia ciceroniana. Optime est. Il tuo ingegno è perspicace.
Giacchetto. Adunque, dovereste parlar per lettera con i dotti che hanno mangiata la paglia come un bue e con meco v. venire alla colonna; perché io non conosco i vostri cuius e mai non vidi libro se non di fuori, intendetemi voi?
Pedante. Intelligo.
Giacchetto. Mi dovete conoscere, è vero?
Pedante. Cosi, per fisionomia sferica.
Giacchetto. Sapete chi è il mio padrone?
Pedante. Io lo so.
Giacchetto. Or bene. Voi avete a saper che monsignore il cardinale vi fa intendere che Vostra Eccellenza venga adesso adesso a lui.
Pedante. Accade forse a Sua reverendissima Signoria di prevalersi dello acume del mio spirito circa la Biblia o contra Lutero? o pure che io la informi di qualche bella esortiva «ad regem Francorum in Turcas»?
Giacchetto. Che dite?
Pedante. Dico se tu penetri per che negozio Quella voglia -g- ^.trarre il sugo del mio profondo intelletto.
Giacchetto. Domine no, che io non son suo secretario.
Pedante. Che vai tu, adunque, augurando della importanzia della cosa?