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spagnuolo e prologo 17

Bartolo che fa una letera che par stampata. E, per la buona ventura mea, m’è stata messa per le mani la piú valente roffiana de lo monno, che la voglio ire a trovare innanzi che mangi.

Panzana. Come si domanda?

Messer Ligdonio. Si chiama mona Bionna.

Panzana. Oh! oh! Mona Bionda è conosciuta per tutto ’l mondo per le sue virtú. Sa fare acque di piú sorte, sonniferi a tempo; erbolaia valentissima, stregona, maestra di malie; racconcia vergini, pratica fra le scope, ché due volte è stata scopata in Roma e fu marcata in Vinegia, pochi anni sono; e, sopra tutto, pollastriera eccellentissima, sí che, s’ella vi vòl servire, la sa dove ’l diavol tien la coda. Ed avertite, se, alle prime sue parole, la vi paresse una santa Amen, di non vi sbigottire; perché non fu mai santa Brigida sí devota quanto vi parrá costei su la prima giunta. Parla della Bibbia e de’ santi padri come s’ella fusse il primo predicatore di San Francesco.

Messer Ligdonio. Eh! Averá a fare con bono capo. E voglio vedere, se posso, che non passi oggi che vada a parlar con Margarita, che boglio tu le porti no madrigaletto assai bello ch’aggio fatto per issa. Te lo voglio dicere.

Panzana. Eh! Non importa; ve lo credo.

Messer Ligdonio. Voglio che lo sienti. «Madonna...». M’è scordato; ma l’aggio ca.

Panzana. Che fate de tante cartucce adosso?

Messer Ligdonio. Per mostrare alli amici le fatiche meie. Nce sono de belle composizione fra cheste. Chisto è no sonetto in laude de’ poeti. Cheste sono certe stanze che aggio fatte per lo duca di Fiorenza: saccio quanto me valeranno. Chisto è no Trionfo d’Italia nella venuta de l’imperadore. Oh! Chisto è isso. «Madonna, io moro bene...». No è isso. Eccolo, per Dio.

Madonna, ben putite
a queste mie mortifere parole
raccoglier quanto ch’io stia mal di voi.
Giá cento volte s’è levato il sole
a dar luce a ciò ch’ai mondo vedete.