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atto quarto 277

functus. Verum enimvero quelle sue parole penetrative non mi. sono uscite, questa notte, di testa. Ma, perché il mio parlar solum potrebbe trovar qualche puoco di reprensiuncula, ora dirigerò il gresso a Santa Maria Rotonda olim chiamata Pan- ( theon, cioè tempio dicato a Cibele mater omnium deorum. E, auscultata la messa, farò regresso alla scola.

SCENA VII

Giacchetto nel suo abito di prima, Pedante.

Giacchetto. Chi arebbe potuto tener le risa, vedendo ridere il cardinale della piacevole burla da me fatta al vecchio? Egli ha riso tanto che ancor ride. Ma non si potrebbe dire Pallegrezza del mio padrone. Egli ha pur Camilla seco e la vuole isposare. Onde il cardinale mi manda ora a chiamare il pedante, che insegna lettere a’ fanciulli qui in Santa Maria Rotonda, il quale è il pedagogo del figliuolo del vecchio uccellato, acciò che esso gli parli e vegga di racchetar Pira di quello sciocco. Sciocco, per certo: che nessuno altro, eccetto lui, m’arebbe lasciato dipartire, avendomi conosciuto maschio, senza una soma di buone e di solenni bastonate; e non arebbe per ciò cosí dato fede alle mie baie. Pure, e’ bisogna che ce ne siano d’ogni sorte, a far bello il mondo. Ora a me par gran maraviglia che io sia tanto simile a questa Livia quanto essi dicono e come io ne ho veduto l’effetto con costui. Ma vedi lá il pedante. Con che riputazione egli si sta ascoltandomi e guardandomi in atto di volersi partire! Gli voglio fare un profumato saluto. Dottissimo e reverendissimo messere, il buon giorno alla Vostra dottissima e reverendissima Signoria.

Pedante. Non mi adulterare humilitatem meam con la superbia degli epiteti e lassa si fatto titolo per cardinalia quaeque.

Giacchetto. Se fosse ben papa, si peccarebbe a dar del «reverendissimo» a questo ser poltrone.

Pedante. Che dice questo iuvènculo?

Giacchetto. Io dico che voi séte un Salamone e che a Vostra