Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/278

266 il ragazzo


Ciacco. Torna al letto.

Giacchetto. In fine, come io dico, mi vi coricai. Ed egli appresso.

Ciacco. Non bisognava, ora, questo.

Giacchetto. Ascolta.

Ciacco. Io so quasi indovinare ove ha a fornire la cosa.

Giacchetto. Tu non sai niente. Ascolta pure.

Ciacco. Segui.

Giacchetto. Ho lasciato un bel tratto: che, tosto che io fui nel letto, m’aconciai i panni tra le gambe e d’intorno cosí stretti che non vi sarebbero entrati i pulici.

Ciacco. Buon per te! Questo mi piace.

Giacchetto. Come il vecchio mi si coricò allato, tutto malizioso, doppo alquanti sospiretti, finse di dormire. Ed io altresí.

Ciacco. Buono!

Giacchetto. E, stato alquanto cosi, mi rivolsi con un bel modo con la schiena in giú, tuttavia mostrando forte di dormire.

Ciacco. A che effetto?

Giacchetto. Allora io sentii il vecchio, di subito, rivolgersi a me; e, doppo alquanto spazio, sento la mano che incominciava da l’orlo del drappo e, cacciando visi dentro a poco a poco, di sotto la camiscia cercava strada di venire in su.

Ciacco. Tu meritavi altro. Ma, se non v’arebbono potuto entrare i pulici, come vi potè entrare la mano?

Giacchetto. Oh! Tu sei grosso! Chi ha piú potere, la mano o un pulice?

Ciacco. Segui pure.

Giacchetto. Ora io, fra questo mezzo, sentendomi toccare un cotal pocolino, soavemente apro le gambe fingendo pur di dormire.

Ciacco. Buono! Che ti bisognava, adunque, da prima, stringere i panni intorno, se volevi che, al fine, il vecchio ti scoprisse per maschio? Adesso t’intendo.

Giacchetto. Volsi fare il tutto con grazia.

Ciacco. Poi mostravi al padrone di temer d’esser ingravidato. Ghiotto, che non volevi venirci!