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258 il ragazzo

SCENA X

Spagnuolo solo.

Amore, sia da me sempre ringraziata la tua pietá. Non averrá mai che io mi lamenti piú di te né di Fortuna. Egli è pur vero che ora mi trovare appresso la mia cara Camilla senza cui aveva fatto pensiero di piú non vivere. Fia dunque dono d’amendue voi questa mia vita. Per ciò non sará noia di spenderla nei tuo’ servigi, Amore; e di te, Fortuna, benedirò sempre le forze grandi, dove ch’io sia. Non ti chiamarò piú ingiusta, come pur ora io faceva. Ad ogni ora ti lodarò. E cosí debbo. Benedetti siano i dolori, le pene, i tormenti e i molti guai che io ho patito amando, poi che ora mi s’apparecchia cosí caro e felice guidardone; benedetti i sospiri e le lagrime che mi sono usciti del petto e di quest’occhi; benedette le notti che io ho trapassato in vigilie e in lamenti, poi che tale dee essere il premio della servitú mia. Ma ecco che s’apre l’uscio; ecco che appare il cuor mio.

SCENA XI

Camilla, Caterina, Spagnuolo. Camilla. Signor, io metto nelle vostre mani l’onore e la vita, che altre gioie non ho piú care.

Caterina. Amore, quanto è il poter tuo! Costui non può formar parola: cotanta è la dolcezza che egli prende di vedersi inanzi la donna sua! Oh che soavissimi basci!

Camilla. Questo è troppo, per ora, signor mio. Non ci lasciamo coglier qui.

Spagnuolo. Imperadrice di questo cuore, poi che la vostra cortesia è tanta che mi fa degno dello amore che io, lungo tempo,