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atto terzo | 257 |
le cose non potevano andar meglio, poi che quel manigoldo di Valerio ci s’è tolto da’ piedi. A me paion mill’anni di veder come ti campeggiano indosso quegli abiti di maschio. E non è egli da tardare. Va’ e cambia tosto panni. Ma chi è colui che esce di lá? Parmi il tuo amante. Si, è. Vatti a vestire.
Camilla. Lassa che io il vegga.
Caterina. Lo vedrai poi a tuo bell’agio quanto vorrai. Non indugiar piú, che, fra questo mezzo, potrebbe venire il fratello e quel ladro insieme di Valerio che è nimico del nostro bene.
SCENA IX
Spagnuolo, Caterina.
Spagnuolo. Anima mia! Reina di questo cuore! Non era quella la mia signora? Dico a voi, madonna. Non era quella l’anima mia?
Caterina. Si, era, messere.
Spagnuolo. Perché è ella cosí sparita?
Caterina. È ita a vestirsi i panni che le avete mandati.
Spagnuolo. Non poteva ella venirsene nell’abito in che si trovava?
Caterina. Le sará piú commodo a venirsi in quest’altro.
Spagnuolo. Oh Dio! che ogni indugio potrebbe essermi d’estremo danno.
Caterina. Verrá or ora. Io vo a lei. Passeggiate qui d’intorno.
Spagnuolo. Dille, di grazia, che fornisca tosto e non lassi fuggirsene questa bella occasione.
Caterina. Adesso sarò a voi. Perdonatemi se io vi chiudo l’uscio inanzi.
Spagnuolo. Questo importa poco, pur che Sua Mercede venga tosto. Commedie del Cinquecento - 11. 17