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246 il ragazzo


SCENA II

Ciacco, Giacchetto vestito da fanciulla, Spagnuolo.

Ciacco. Esci mora, sposa, che non ci appar niuno.

Giacchetto. Io esco.

Ciacco. Questa voce è un poco aspretta. Di’ in questa forma: «io eesco».

Giacchetto. Io eesco.

Ciacco. Bene sta. Bisogna che tu addolcisca e insaporisca la lingua piú che puoi.

Giacchetto. Vuoi tu altro? che parrá che mi esca il mèle e il zucchero fuor di bocca.

Spagnuolo. Chi stimarebbe costui maschio? Io, per me, non posso a pena credere che egli sia il mio ragazzo.

Giacchetto. Anco a me pare d’esser diventato femina.

Ciacco. Chi sa che non si vedesse in te qualche miracolo! Lassami toccare.

Giacchetto. Orsú! Ritien le mani a te.

Ciacco. Dimmi, caro Giacchetto: vorresti diventar femina da vero? cioè, vorresti che ti nascesse l’altro sesso?

Giacchetto. Vorrei che qualche santo mi cangiasse in un di quelli che si dice aver l’uno e l’altro.

Ciacco. Perché?

Giacchetto. Per provare quale è piú dolce sapore, all’una maniera o all’altra.

Ciacco. Pure?

Giacchetto. Pur, meglio è esser maschio, al parer mio.

Ciacco. Tu non sai mò un punto.

Giacchetto. Che punto?

Ciacco. Che le femine hanno piú vantaggio che gli uomini.

Giacchetto. Che vantaggio è il loro?

Ciacco. Possono servire per maschio e femina con galantaria.

Spagnuolo. Il tempo fugge; e coteste son burle.