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atto secondo | 239 |
Pedante. Non rispondo a persone della qualitá tua. Torno a dir, Flamminio, che io ti scerno a malo et pessimo itinere, se non ti correggi.
Flamminio. Non m’avete voi letto mille volte nella Bucolica che «omnia vinci t amor» ?
Pedante. Poverino! Tu non prendi le cose sanamente come elle stanno. Però dice la Scrittura che la lettera occide. Sai tu quali volea inferir Virgilio che fossero vinti d’amore? Gli animali. Hinc est che egli introduce a parlare un cura ovium. Ma, se non avesti fatto exule il meminit, ti ricordaresti molto bene in quanti luoghi il terso Terenzio nuncupa e chiama gli amanti «amenti», idest senza mente, senza intelletto. Et ita est; che amore extirpa l’intelletto all’uomo e fallo diventare una bellua penitus et omnino. Il che, in lingua vernacula, vuol dire «due volte del tutto».
Ciacco. Oh che parole divine gli sdrucciolano di bocca! Domine y potrebbesi mangiare di queste vostre parole auree?
Pedante. Io t’ho detto che non sei digno di responso; ed è peccato che ipse pater rerum mandasse un’anima in cosí sceleste corpo.
Ciacco. Come è il vostro, è vero?
Flamminio. Non lo far salir in còlerá.
Ciacco. Fermatevi, che qui vi colgo io. E perché mi trattate da bestia, domine! Io vi voglio far vedere che voi non sapete quello che sia anima.
Pedante. Ah! ah! ah! Mi provoca al riso questo nescio, ignorantello, senza cervello.
Flamminio. Gli umori esalano. Che cosa è anima, Ciacco?
Ciacco. Lascia che lo dica egli, che non lo sa.
Flamminio. Se non lo sa, come vuoi che lo dica?
Pedante. Costui si pensa d’esser quel furfante che con lo enigma fece cavarsi gli occhi a Omero.
Ciacco. Io non so né de lima né di ferro. Basta che io vi farò vedere che non sapete che cosa sia anima.
Pedante. Questo è un punto di filosofia; e non sei capace a intenderlo.