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atto secondo | 237 |
Flamminio. Tu sai bene che io son tutto tuo e puoi dispor di me quanto di te medesimo.
Ciacco. Coteste sono parole; e spero vederne i fatti.
Flamminio. Siane certissimo. A l’ordine, adunque.
Ciacco. L’ordine fia che, a due ore e mezza di notte, tu ti conduca dinanzi alla casa di lei, solo e in quello abito che ti parrá piú atto a non esser conosciuto. E, dato un segno che ti dirò, di subito ti sará aperto l’uscio e verrai menato in una camera dove ti troverai essere dolcemente atteso dalla tua cara e gentil Livia.
Flamminio. Qual fia questo segno?
Pedante. Quid ego intelligo?
Ciacco. Ascolta nell’orecchio.
Flamminio. Che accade nell’orecchio? che qui non c’è persona.
Ciacco. Ascolta pur nell’orecchio.
Pedante. Habuit spiritum propheticum.
Flamminio. T’ho inteso; e piacemi. Ma posso io andarvi sicuramente?
Ciacco. Come «sicuramente»?
Flamminio. Che so io? che non vi potesse esser trama.
Ciacco. Trama ordita da chi? temi tu forse di me?
Flamminio. Non giá di te. Ben temo che non vi sopragiungesse fratello o parente di lei che, cogliendomici in fatto, non mi facesse ingiuria.
Pedante. Non sine quare.
Ciacco. Stanne sicuro, che, quanto a questo, puoi andarvi in camiscia; e io so ben quello che io parlo.
Flamminio. Avengane che vuole, non si può mettere mano alle grandi imprese senza gran rischio. Sará custode di questa mia vita Amore che gran signore si dice essere e valente cavaliere.
Pedante. Intellectu caret.
Ciacco. Va’ pur senza sospetto alcuno.
Flamminio. In quanto al padre mio, come va la burla?
Ciacco. Dirassi poi, allora che si potrá ridere con piú agio.
Flamminio. A me par mill’anni che si faccia sera.
Ciacco. Verrá pur troppo per tempo.