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236 il ragazzo


SCENA IV

Ciacco solo.

Se io conduco a buon fine la trama che io ho ordita in questo cervello, io sono il piú felice e il piú aventurato uomo del mondo. Tre s’hanno a mettere in campo, questa sera, sotto alla guida mia: messer Cesare, Flamminio suo figliuolo e questo spagnuolo. Il figliuolo combatterá la ròcca e la fará sua. Il padre, pensando d’essere egli il possessore di questa ròcca, non s’accorgendo, si trovará alla impresa d’un castello, non senza suo scorno e forse danno. E, mentre egli si crederá espugnar le altrui fortezze, il terzo fará preda nella propria cosa di costui e del suo si goderá. Io trarrò utile da ogni parte e, se mi rendo nemico un solo, m’obligo per sempre due. Importa piú a star bene co’ giovani che con i vecchi. I vecchi se ne muoiono d’oggi in domani e lasciano i figliuoli ed i denari. Per ciò bisogna accarezzare i giovani nella guisa che io accarezzo Flamminio. Ma non è egli quello? Si, è pur, per Dio! Ho reso l’anima a due. Ci resta il terzo.

SCENA V

Ciacco, Flamminio, Pedante mezzo nascoso.

Ciacco. Flamminio, porgimi la mano e bascia questa fronte.

Flamminio. Eccomi. Che buone novelle ci sono per me, Ciacco?

Ciacco. Quelle a punto che piú desidera il cuor tuo. Che t’ha detto Valerio?

Flamminio. Molte cose m’ha egli detto che mi piacciono grandemente fuori che la conclusione del matrimonio.

Ciacco. Io, ciò che prometto, è il Vangelo. Questa sera parlarai con Livia e, a qualche via, v’accordarete insieme, che di questo ne lascio l’incarco a voi. A me basta a condurti nelle braccia sue; e so che altro non vuoi da me.