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atto secondo | 235 |
Ciacco. Ricordatevi che io non voglio che la fatica sia per dominion?wstrum.
Giacchetto. È forse senza memoria egli?
Spagnuolo. To’, piglia: due, quattro, sei, dieci. Questi sono per dar principio. Come sará fornita l’opera, ti lodarai compiutamente di me.
Ciacco. Gran mercé.
Giacchetto. Messere, ricordatevi che la metá ha ad esser mia poi che senza me non si può far quest’opra.
Ciacco. Il vecchio t’impierá la borsa da vantaggio, che importará un poco piú.
Giacchetto. A me non la fregará egli.
Spagnuolo. Senza fallo, alle quattr’ore?
Ciacco. Senza fallo.
Spagnuolo. Vedi non mi vender fole.
Ciacco. Se temete che io v’assasini, pigliate i vostri denari.
Spagnuolo. Ciacco, abbimi periscusato, che tanto è la voglia che io ho d’esser con Camilla che io non ci credo di giunger mai.
Ciacco. Sempre li spagnuoli hanno nel capo qualche poco di eresia. Alle quattr’ore, v’ho detto.
Giacchetto. Non si fornirá tutt’oggi di parlar di queste quattr’ore.
Ciacco. Voi m’avete benissimo inteso. Non preterite l’ordine. Addio.
Spagnuolo. Abbi a mente, Ciacco, che in te è posto la felicitá mia.
Ciacco. Ed in voi il farmi ricco. Addio.
Spagnuolo. Che strada pigli tu?
Ciacco. Non risponde a verso. Qui a Santo Agostino.
Spagnuolo. Ed io verso Banchi.
Ciacco. Andate e tornate poi con la borsa piena di scudi.