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ATTO II

SCENA I

Spagnuolo innamorato di Camilla, Giacchetto ragazzo.

Spagnuolo. Ah ingiusta, fallace e traditrice fortuna! Quanto ho io da lamentarmi di te!

Giacchetto. Che dite, padrone?

Spagnuolo. Io dico che ho da dolermi della fortuna piú che tutti gli uomini del mondo.

Giacchetto. Anzi, piú che tutti gli uomini del mondo avete cagione di lodarvi di lei; e dovereste fare una cappella e consacrarla al suo nome.

Spagnuolo. Ah ghiotto, ribaldello! Sempre tu vai su le frascherie.

Giacchetto. Io dico, signore, che séte piú aventurato che uomo che viva.

Spagnuolo. Aventurato io?

Giacchetto. Aventuratissimo, avendo una di quelle venture che io non penso che abbia il papa.

Spagnuolo. Che ventura è questa, putanella?

Giacchetto. Non mi date nome di femina, se io son maschio.

Spagnuolo. Dimmi: quale è questa ventura?

Giacchetto. Se voi séte amato da colei che amate, non è una ventura di quelle rare che si trovino al mondo?

Spagnuolo. Egli è vero che io, mercé d’Amore, vengo amato dalla signora mia, se al volto e alle parole, che sono, il piú delle volte, imbasciatrici del cuore, si può dar fede.